Le 10 Scommesse del 2022… un anno dopo
Prima dell’inizio dell’anno vi avevamo elencato quelle che secondo noi erano le 10 scommesse del 2022 effettuate dalle varie squadre. Oggi vediamo se quelle scommesse hanno “ripagato la posta” o meno. Nell’elenco figuravano campioni di altissimo profilo con la carta d’identità che iniziava però a farsi minacciosa, promesse mai del tutto sbocciate, atleti in cerca di rilancio, o anche più semplicemente corridori che avevano deciso di cambiare ambiente per dare una nuova svolta alle proprie carriere. Al termine dell’anno, una volta chiusa la stagione su strada, andiamo a rivedere, nello stesso ordine in cui li avevamo proposti lo scorso anno, come se la sono cavata i corridori in questione. Una rapida carrellata che ci permette di capire se la loro decisione, e soprattutto quelle delle rispettive squadre che li hanno accolti, si sia rivelata azzeccata.
1. Peter Sagan (TotalEnergies): Se il fuoriclasse slovacco sperava di rilanciarsi con l’approdo in questa formazione, le attese sono state decisamente deluse. Per il secondo anno consecutivo la sua preparazione invernale viene rallentata dal Covid proprio sul più bello, impedendogli di allenarsi serenamente in vista dell’esordio stagionale. Dopo una Milano – Sanremo anonima (complice anche una foratura all’imbocco della Cipressa), il classe 1990 fatica a trovare il colpo di pedale giusto e decide di rinunciare alla classiche del Nord, le gare che preferisce. Il suo momento migliore è a giugno, quando ottiene le sue uniche due vittorie stagionali: una tappa al Giro di Svizzera e l’ennesimo campionato nazionale. Al Tour arrivano alcuni piazzamenti di prestigio, ma il tre volte iridato non è mai il lotta per la Maglia Verde. Il settimo posto al Mondiale non è un risultato da buttare, ma certamente nel complesso lui e la squadra si aspettavano qualcosa di più da questa stagione. La sua esperienza e presenza è stata comunque preziosa per aiutare il team ad aumentare la sua presenza in corsa.
2. Sam Bennett (Bora-hansgrohe): Il ritorno di Sam Bennett nella squadra che lo ha lanciato tra i grandi delle volate è contraddistinto da alti e bassi. Dopo un esordio convincente con il secondo posto nella prima tappa dell’UAE Tour, l’irlandese inizialmente fatica a trovare il feeling giusto con il nuovo treno. I risultati vanno progressivamente migliorando, fino alla prima vittoria stagionale al GP di Francoforte. Le altre due vittorie arriveranno alla Vuelta a España, unico GT corso quest’anno, nella seconda e nella terza frazione; il classe 1990 sarà poi costretto a lasciare la corsa perché positivo al Covid mentre era in piena lotta per la Maglia Verde. Certo, i risultati non sono quelli a cui ci aveva abituato in maglia Quick-Step, ma la stagione non è certamente tutta da buttare, e il terzo posto alla Parigi-Tours dopo una gara corsa all’attacco fa ben sperare in vista della prossima. Sempre che trovi ancora posto in una squadra che guarda sempre più alla classifica.
3. Dylan Groenewegen (Team BikeExchange-Jayco): La decisione, arrivata quasi alla fine dello scorso anno, di rompere il contratto con la Jumbo-Visma per passare alla BikeExchange sembra tutto sommato aver pagato. Pur lontano dalle trionfali annate 2018 e 2019, il velocista neerlandese è riuscito quest’anno a fare sicuramente meglio delle difficili stagioni 2020 e 2021, segnate dalla squalifica per aver causato la caduta di Fabio Jakobsen e dai pochi spazi concessi da una squadra ormai concentrata soprattutto sui Grandi Giri. Sette vittorie e sedici top-10 sono un buon bottino per il 29enne, che sin da subito ha trovato un bel feeling coi compagni di squadra conquistando due tappe al Saudi Tour. Il successo più importante è però arrivato nella terza frazione del Tour de France, dove non alzava le braccia al cielo da tre anni e dove si è messo alle spalle fior di campioni. La scommessa, comunque, è stata vinta anche dalla formazione australiana, che anche grazie ai tanti punti ottenuti dall’ex Jumbo ha potuto salvarsi dalla retrocessione e restare nel WorldTour.
4. Alexander Kristoff (Intermarché-Wanty-Gobert): Il trentacinquenne norvegese ha dato il suo contributo nella grande annata della Intermarché-Wanty-Gobert. Lo scandinavo ha aperto benissimo la stagione con vari piazzamenti e le vittorie della Clasica di Almeria, che lo hanno fatto arrivare in fiducia agli appuntamenti primaverili. Si piazza in top 10 al Fiandre e non va lontanissimo dallo stesso risultato nemmeno alla Roubaix (dove chiude dodicesimo), ma soprattutto esulta ancora vincendo lo Scheldeprijs. La sua esperienza lo aiuta poi a piazzarsi, tra le altre, anche in gare dal grande prestigio come il GP Francoforte, alcune tappe del Tour e il Mondiale australiano. Nella seconda parte dell’anno conquista il Circuito Franco-Belga, una tappa a casa sua al Giro di Norvegia e una tappa del Giro di Germania, chiudendo la stagione con cinque successi. Il classe ’87 il prossimo tornerà a casa per correre con la Uno-X, ma può salutare sapendo di aver dato alla Intermarché il contributo che la squadra si attendeva da lui, considerato anche il suo ruolo da chioccia per i giovani che sono sbocciati nel corso dell’anno.
5. Pascal Ackermann (UAE Team Emirates): L’infortunio all’Europeo a pochi giorni dal debutto alla Vuelta costringe a mettere un asterisco sulla sua stagione. La decisione di concentrarsi sulle classiche di primavera a inizio anno viene inizialmente premiata con la vittoria della Bredene Koksijde, ma si rivela poi un fallimento visto che il tedesco non riesce a portare a termine praticamente nessuna corsa, compresa la Parigi-Roubaix, alla quale si presentava per la prima volta in carriera. A quel punto si concentra sul finale di stagione, quando arriva tirato a lucido, conquistando una tappa al Giro di Polonia. La sorte però gli volta le spalle molto presto, con una caduta all’Europeo che lo fa arrivare alla Vuelta, altro grande obiettivo della stagione, con una condizione fisica precaria. Nel corso delle tre settimane riesce a crescere e a conquistare tre podi di tappa, compresa quella di Madrid, dove però a vincere è Juan Sebastian Molano, che teoricamente sarebbe il suo ultimo uomo. Al momento la scommessa è tutt’altro che vinta, ma con le condizioni giuste la situazione si potrebbe ancora ribaltare nel 2023.
6. Miguel Angel Lopez (Astana Qazaqstan): Altra stagione tumultuosa per il corridore colombiano. Dopo il burrascoso addio alla Movistar dello scorso anno, anche quest’anno lo scalatore sudamericano chiude la stagione in rapporti non idilliaci con il suo team (tanto che, secondo alcune voci, sarebbe in cerca di una nuova squadra) soprattutto dopo il suo collegamento al caso Maynar, un’inchiesta spagnola per traffico di farmaci vietati (anche se la Guardia Civil ha specificato che il corridore non è indagato). Un vero peccato perché, al netto di un infortunio che di fatto l’ha subito estromesso dal Giro d’Italia, il classe ’94 ha ottenuto anche buoni risultati dal punto di vista sportivo, come la vittoria di tappa al Tour of the Alps e il quarto posto alla Vuelta provando a lottare per il podio fino alla fine. Le aspettative tuttavia erano sicuramente più alte.
7. Gianni Moscon (Astana Qazaqstan): Anno da dimenticare per il trentino. Quella che molti attendevano come la stagione della consacrazione per il classe 1994, si è rivelata essere un calvario. Dopo la splendida prestazione alla Parigi – Roubaix 2021, l’azzurro aveva finalmente la possibilità di correre le classiche del Nord da leader indiscusso dopo il cambio di squadra, ma la salute ci ha messo lo zampino. Dopo aver contratto il Covid ad inizio anno, infatti, il nativo di Trento ha faticato molto ad allenarsi e prepararsi per la primavera in cui non ha raccolto nulla. Tornato alle gare per avvicinarsi al Tour de France mei migliori dei modi, l’azzurro ha collezionato tutta un’altra serie di prestazioni disastrose, tanto da decidere di abbandonare la Grande Boucle: solo successivamente alcuni esami medici hanno riscontrato un’infezione batterica nel sangue dell’atleta. Il suo 2022 si è concluso al Tour de Langkawi, dove si è messo in mostra con azioni da lontano: la speranza è che questo sia solo il preludio di un 2023 che lo vedrà andare in caccia del riscatto.
8. Elia Viviani (Ineos Grenadiers): Se la stagione su pista del veronese è stata molto brillante, non si può dire lo stesso di quella su strada. Il velocista stesso ha riconosciuto come le cose non siano andate nel modo sperato. Il ritorno alla Inoes, infatti, non ha portato grossi risultati al classe 1989 che ha raccolto solo due vittorie in corse minori (una tappa a inizio anno al Tour de la Provence e una ad ottobre alla Cro Race). In particolare hanno pesato l’assenza di un treno a sua completa disposizione e la non convocazione per nessuno dei tre Grandi Giri stagionali: in squadra la priorità è stata data alla classifica generale. Per il campione olimpico dell’Omnium di Rio 2016 ci sono stati, quindi, tanti piazzamenti, ma sono mancati gli acuti che ci si aspetterebbe da un campione come lui.
9. Ivan Sosa (Movistar Team): L’avventura del colombiano con la nuova squadra comincia e finisce bene, ma manca il grande risultato nelle corse più importanti. Dopo prestazioni discrete nelle salite della prima parte di stagione, infatti, il classe 1997 si presenta al via del Giro d’Italia da capitano della sua formazione, forte della vittoria di tappa e in classifica generale alla Vuelta Asturias. La Corsa Rosa, però, si conclude senza acuti e anche l’estate non vede l’ex Ineos brillare (il miglior risultato è il sesto posto nella seconda tappa del Tour de l’Ain). La stagione si chiude comunque in maniera positiva per lui, con la conquista di una tappa e della classifica generale al Tour de Langkawi, ma sicuramente le aspettative erano più alte.
10. Bryan Coquard (Cofidis): Approdato in squadra per sostituire il partente Elia Viviani, il transalpino non ne migliora più di tanto i risultati conquistando solo tre successi, una tappa all’Etoile de Besseges, una al Tour de Provence e il Tour de Vendée. Dopo un 2021 senza alzare le braccia al cielo è sicuramente un miglioramento, ma a mancare è la grande vittoria, anche se, guardando alla carriera del 30enne, questa è una costante. Se dal punto di vista dei risultati personali manca qualcosa, i suoi numerosi piazzamenti (oltre alle tre affermazioni, sono 14 le top-10) consentono tuttavia alla sua squadra di raccogliere tanti punti preziosi che le evitano di retrocedere tra le Professional. Quindi, almeno sotto questo profilo, non si può parlare di fallimento.
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